Ma dopo una capriola girai un’altra volta e riemersi senza fiato. Tia rise e mi disse che sembrava davvero che quella volta m’affogavo. Poi prese i soldi.
“L’ho fatta” dissi quando riuscii a parlare ma lei scosse la testa. Non l’avevo fatta bene e oltretutto coi centesimi non si comprava molto. Perché la guardavo così?
“Tienili allora, negra imbrogliona” dissi, perché ero stanca e l’acqua che avevo inghiottito mi nauseava. “Ne posso avere di più se voglio”.
Non è mica ciò che sente dire, disse. Sente dire che siamo tutti poveri pezzenti. Mangiavamo pesce sotto sale – niente soldi per il pesce fresco. Quella casa vecchia così piena di buchi, quando piove correte in giro con le calebasse a prender su l’acqua. C’è pieno di bianchi in Giamaica. Bianchi veri, hanno i soldi d’oro. Loro non ci guardavano, nessuno li vede avvicinarsi a noi. I bianchi di una volta adesso sono solo negri bianchi, e i negri neri son meglio dei negri bianchi.
Mi avvolsi nel mio asciugamano rovinato e mi sedetti su una pietra dandole la schiena, tremando di freddo. Ma il sole non riusciva a riscaldarmi. Volevo andare a casa. Mi guardai attorno e Tia se n’era andata. Cercai a lungo prima di riuscire a credere che aveva preso il mio vestito – non la mia biancheria intima, non l’ha mai indossata – ma il mio vestito, inamidato, stirato, lavato quella mattina. Mi aveva lasciato il suo e alla fine l’indossai e m’incamminai verso casa sotto il sole cocente con un senso di nausea, odiandola.
(Traduzione di Rossella Monaco)